Un articolo dell’amico Alessandro Rebuscini
Cosa mai potrebbero avere in comune un’arte marziale nata in una piccola isola giapponese e un metodo di educazione fisica nato in Francia?
Prima di spiegarvelo, ci tengo a ringraziare Diego Zarantonello per avermi dato la possibilità di raccontarvi, sul suo sito dedicato all’Hebertismo, la passione che nutro per queste due discipline, con il solo obiettivo di condividere con il mondo i valori senza tempo, racchiusi in esse.
Partirei con lo spiegarvi qualcosa in merito al contesto storico in cui queste discipline sono nate e si sono sviluppate. Il Karate è un’arte marziale nata in Giappone in un luogo che, prima di diventare territorio del Sol Levante, faceva parte di un regno a se stante nel quale confluivano le principali culture asiatiche. Era conosciuto come Regno delle Ryukyu, oggi arcipelago di isole giapponesi la cui isola principale è Okinawa. Ecco, il Karate è nato precisamente ad Okinawa. Non vi sono fonti storiche che raccontino esattamente come sia nata quest’arte marziale, e il suo sviluppo è avvolto nel mistero. Vi sono però alcuni punti fondamentali che ci permettono di capire qualcosa in più. Fondamentalmente il Karate è frutto dell’amalgamazione di diverse pratiche marziali provenienti dall’Asia con le pratiche autoctone di Okinawa. In particolar modo il Karate è stato influenzato dalle arti marziali cinesi, giapponesi e del Siam, paese oggi noto come Thailandia.
Durante il corso del XX secolo il Karate ha subito diverse modifiche che lo hanno portato a diventare il moderno sport da combattimento che ha fatto il suo debutto ufficiale alle ultime Olimpiadi di Tokyo. Nonostante questo, sull’isola di Okinawa, prevalentemente, viene ancora praticato in maniera “tradizionale” quindi basando la pratica sulla difesa personale e il miglioramento dell’individuo.
Purtroppo, nella maggior parte dei casi e per la maggior parte delle persone il Karate non è altro che uno sport attraverso il quale fare esercizio fisico, svagarsi e vincere qualche premio individuale e/o di squadra. Io ho avuto la fortuna e la curiosità di spingermi oltre a questo modo di intendere questa disciplina e questo articolo vuole proprio esserne una testimonianza.
L’Hebertismo invece, è un metodo di allenamento nato in Francia nei primi anni del ‘900 e fortunatamente ha una storia più chiara. Creato da Georges Hébert, ufficiale della Marina Francese e insegnante di educazione fisica, questo metodo aveva e ha lo scopo di forgiare individui che rispecchiassero il motto “essere forti per essere utili”. Questo desiderio nacque nella testa di Georges Hébert a seguito della constatazione del basso livello di capacità atletiche e morali della popolazione francese e più in generale della cultura “sviluppata”.
Per lavoro, infatti, Hébert si recava in luoghi nei quali aveva modo di osservare come i popoli indigeni avevano corpi forti in grado di compiere azioni impensabili per la maggior parte delle persone che vivevano nella società evoluta del suo tempo. Decise quindi di fare qualcosa per risolvere questo problema: sviluppare una “disciplina” in grado di fare la differenza nella vita delle persone.
Proprio da questo aspetto nasce il primo punto in comune tra Karate ed Hebertismo, che mi ha portato a riconoscere valori comuni per due metodi solo apparentemente diversi e distanti tra loro.
Due Metodi di Educazione
Attraverso la pratica del Karate e dell’Hebertismo si ricerca un miglioramento globale dell’individuo. Proprio per questo, entrambi vengono considerate “discipline olistiche” in quanto, in esse, l’essere umano è considerato nella sua interezza: mente, corpo e spirito, che in giapponese si può tradurre con “shin-gi-tai”.
Venendo considerati metodi di educazione, sia in Francia che in Giappone vennero inseriti nelle scuole dove i giovani potevano apprenderne le basi e verificarne fin da subito gli effetti benefici. L’Hebertismo ebbe successo anche nell’addestramento militare e venne inserito anche nelle scuole teatrali prima di divenire famoso nel mondo Scout. Il karate invece, trovò largo impiego come strumento di addestramento per i militari giapponesi e questo rappresentò anche uno dei motivi per il quale quest’arte marziale subì grandi modifiche prevalentemente nel Giappone continentale. Sull’isola di Okinawa rimase per lo più legato alla sua origine, con metodi di allenamento ed insegnamento meno “militareschi”.
Adatti a tutte le età
Un secondo punto in comune è rappresentato dalla possibilità concreta di praticare queste discipline a qualsiasi età. Come detto in precedenza la pratica di entrambe può cominciare in giovane età ma non esistono limiti anagrafici che ne stabiliscono una potenziale interruzione, o che rappresentino un limite. Esistono anziani che praticano karate fino alla fine della loro vita così come “hebertisti” che si allenano fin che il loro corpo glielo consente.
Attraverso il principio dell’adattabilità è possibile modellare la pratica di queste discipline in base alle esigenze del singolo individuo, garantendo in questo modo accessibilità a tutte le persone senza alcuna distinzione.
Tutto a suo tempo
Un’altra caratteristica che accomuna i due metodi è rappresentata dalla gradualità con cui essi vengono insegnati e praticati. Partendo dalle basi vengono trasmessi i punti saldi che li caratterizzano, per poi procedere con aspetti sempre più complessi ma senza saltare le tappe fondamentali.
Le basi, una volta apprese, non vengono accantonate ma continuamente affinate alla ricerca di costanti miglioramenti.
Attraverso questa metodologia, che non prevede punti di arrivo ma continue possibilità di miglioramento, insegnano ad avere pazienza e perseverare per ottenere i risultati oltre a non mollare davanti alle difficoltà. In un mondo dove la norma è diventata quella del “voglio tutto e subito” questo è sicuramente un insegnamento molto educativo.
Competere Con Sé Stessi
Ora dirò una cosa che probabilmente farà storcere il naso a molti: Il Karate non è uno sport. Neppure l’Hebertismo lo è.
Il Karate è inizialmente nato come metodo di difesa e con il tempo si è arricchito di alcune componenti mentali e spirituali prese dalle filosofie orientali e da altre arti marziali. Solo dalla metà del 1900 quest’arte marziale si trasforma nello sport da combattimento regolamentato che conosciamo oggi.
L’Hebertismo è nato come metodo di educazione fisica e morale e non si è mai evoluto in una disciplina sportiva, anche perché in questo metodo non è prevista una specializzazione in una determinata attività, ma uno studio globale di vari movimenti e attività caratteristiche dell’essere umano. Attività che conosciamo come “le dieci famiglie”.
Lo sport è contraddistinto dalla competizione. C’è sempre un vincitore e uno sconfitto. Qualcuno vince e qualcuno perde.
In queste due discipline l’unica vera competizione è quella con sé stessi e l’unico avversario da battere siamo noi stessi. Vincere le proprie paure, continuare a migliorarsi e lavorare sulle proprie debolezze sono gli aspetti “competitivi” che incontriamo e promuoviamo.
Lo scopo di entrambi i metodi non è quello di vincere medaglie o coppe, ma quello di stare bene, di essere utili, di proteggere e proteggersi e di diventare, come va di moda dire ultimamente: “una migliore versione di sé stessi”.
Due Metodi Sostenibili
Il Karate e l’Hebertismo sono sostenibili. Un’affermazione molto particolare ma supportata da una verità di fondo.
Entrambi non richiedono l’utilizzo di attrezzature specifiche (anche se esistono strumenti ed attrezzature che aiutano nella pratica). Sufficiente è avere uno spazio dove poter far pratica e mettere in moto il proprio corpo.
Nel caso del Karate addirittura, bastano pochi metri quadrati mentre per l’Hebertismo il luogo ideale dove praticare è immersi nella natura. Pochi indumenti e comodi, agenti atmosferici e aria buona da respirare.
Ecco, quindi, che in un mondo dove i temi ambientali sono sempre più di tendenza e la sensibilità pubblica su questi discorsi è sempre maggiore, abbiamo a disposizione due metodi attraverso i quali ottenere grandi benefici avendo un basso impatto sul nostro pianeta.
Inoltre, non avendo bisogno di particolari e/o costose attrezzature queste discipline diventano praticabili da chiunque.
Creano Legami
Come ultimo punto in comune ho voluto lasciare quello che considero il più importante in quanto, per esperienza personale, mi ha dato grandi soddisfazioni.
Praticare queste discipline, secondo i valori espressi in questo breve scritto, crea un tessuto sociale che dà vita a relazioni che possono durare per la vita. Lo stare insieme e il condividere anni di pratica rafforza i legami che nascono durante l’esperienza della fatica e della gioia, presenti in egual misura in questi “stili di vita”.
Stili di vita. Si, per molti questi metodi diventano non solo un passatempo mirato al benessere fisico e mentale ma un vero e proprio modo di essere. Il Karate e l’Hebertismo sono vita e li si può applicare nella nostra quotidianità.
Grazie al Karate e all’Hebertismo ho avuto modo di conoscere amici che stimo molto, ho avuto modo di viaggiare e incontrare persone provenienti da diverse parti del mondo unite dalle stesse passioni con le quali è bello condividere la propria vita.
Esiste una frase che viene pronunciata ad Okinawa che racchiude questo concetto ed esprime lo spirito amichevole con il quale vivono. Voglio condividerlo con voi, ringraziandovi per essere arrivati fin qui con la lettura e per augurarvi di vivere la vita con questo spirito:
“ICHARIBA CHODE”
Il significato di queste parole è:
“UNA VOLTA CHE CI SIAMO INCONTRATI, SIAMO AMICI PER LA VITA”.
Alessandro Rebuscini